22/11/'63

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L’annuncio dell’uscita del nuovo romanzo di Stephen King ha come al solito creato grande fermento tra i suoi fan e nel mondo letterario in generale. Sono mesi che si sta parlando di 22/11/63, l’ultima creatura del re del terrore che uscirà domani contemporaneamente in tutto il mondo, in Italia tradotto da Wu Ming 1 per Sperling & Kupfer.

Il titolo è composto da una data molto particolare: è il giorno dell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy. Ma le date sono anche uno dei contrassegni del trascorrere del tempo, delle cose passate e irripetibili, che hanno formato e influenzato ineluttabilmente il presente. Kennedy e il suo assassinio, invece, sono forse i simboli  più forti dell’America delle lotte razziali, della Guerra Fredda, di quella in Vietnam, dell’anticamera del Sessantotto. E se fosse possibile tornare indietro e modificare il corso degli eventi? Cosa sarebbe accaduto se JFK non fosse morto?

La trama di 22/11/63 è costruita proprio su questa fantasia. Il protagonista Jake Epping è un professore di inglese a Lisbon Falls, nel Maine. Il suo tempo libero lo passa spesso alla tranquilla tavola calda dell’amico Al. A un certo punto, però, Jake si ritrova a fare i conti con la domanda che gli sconvolgerà l’esistenza: se fosse possibile cambiare la storia, tu lo faresti?

Al nasconde infatti nel suo locale un passaggio temporale, camuffato da normale dispensa. Attraversarlo significa viaggiare nel passato fino alla Lisbon Falls del 9 settembre 1958, in largo anticipo sugli avvenimenti degli anni Sessanta. A Jake arriva così la proposta dall’amico di poter tornare indietro e fermare Lee Harvey Oswald quel 22 novembre 1963, salvando il presidente e modificando radicalmente il corso degli eventi.

Qualcuno pensa che 22/11/63 richiami in un certo qual modo il presente: l’America di Barack Obama, i Tea Party, le nuove tensioni politiche e sociali. King si discosta dal suo genere d’elezione, proponendo un romanzo storico molto particolare. Che sia un riferimento ai nostri giorni o meno, sicuramente si tratta di un’opera scritta con passione da un americano che ha vissuto in prima persona quegli episodi. Dice infatti lo stesso autore:

La prima volta che cercai di scrivere questo libro fu nel 1972. Rinunciai, perché la ricerca che il progetto implicava era soverchiante per uno che insegnava a tempo pieno. C’era anche un altro motivo: persino nove anni dopo i fatti, la ferita non era ancora guarita. Sono contento di avere aspettato".

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